Gira e rigira, il problema nel quale si imbatte Mario Draghi è sempre lo stesso: l’inflazione. Ormai da anni il suo livello è troppo basso e non c’è verso di spingerlo su. Ma il guaio grosso è che nel frattempo l’euro continua ad apprezzarsi sul mercato valutario (si osservi l’andamento dell’indicatore momentum trading Forex). Quindi se la situazione per la BCE era già complessa prima, adesso la combinazione di questi problemi rende tutto molto più difficile. La BCE, che continua a ricevere pressioni dalla Germania affinché proceda alla normalizzazione dei tassi, sa bene che senza dati economici solidi non c’è modo di farlo.
Il problema dell’inflazione
Senza dubbio il primo elemento che deve aggiustarsi per procedere con il tapering è l’inflazione. La BCE per i prezzi al consumo ha fissato un target al 2%, livello che attualmente è lontano visto che siamo poco sopra l’1,5 per cento. Bisogna quindi aspettare che la dinamica dei prezzi cresca a ritmo maggiore. Se infatti si procedesse ad un rialzo dei tassi adesso, l’effetto sarebbe di spingere ancora di più l’euro sui mercati valutari, e di conseguenza rendere meno costose le materie prime e in definitiva i prezzi al consumo. E questo colpirebbe ancora la già debole inflazione.
Il guaio è che mentre la BCE cerca un soluzione, l’euro forte complica le cose. Basta aprire una delle migliori piattaforme trading online confronto per vedere quanto è cresciuto il valore della moneta unica rispetto al dollaro. Dal discorso tenuto da Draghi a Sintra (Portogallo) due mesi fa, il cambio si è apprezzato di oltre il 5%. Questo ovviamente manda in fumo le strategie sulla exit strategy della Banca centrale europea dal «quantitative easing».
Proprio a causa dell’apprezzamento dell’euro contro il biglietto verde, durante il prossimo consiglio della BCE di settembre, l’EuroTower ridurrà le stime sull’inflazione. Quando vennero fatte 3 mesi fa, il cambio euro/dollaro era 1,08. Adesso sfiora 1,20. Lo scenario è così cambiato che un taglio delle stime sull’inflazione potrebbe portarla all’1,1% per l’anno in corso e all’1,5% per il prossimo.